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SOUND(PR)TALKS: COMUNICARE LA SOSTENIBILITà – INTERVISTA CON ALDO BOLOGNINI

Lo scorso 22 aprile si è celebrata la Giornata mondiale delle Terra, ed è proprio in questa occasione che abbiamo deciso di confrontarci con un esperto di sostenibilità in grado di fare chiarezza su un tema sempre più centrale per la comunicazione e le strategie aziendali.

Spesso ridotta alla mera questione ambientale, la sostenibilità è molto di più, e ce lo spiega Aldo Bolognini Cobianchi, giornalista finanziario e docente universitario di Scienze Umanistiche per la Comunicazione, autore del libro “Comunicare la Sostenibilità: oltre il Greenwashing”, con il quale si rivolge in particolare ai manager e agli imprenditori che vogliono affrontare il tema della sostenibilità dal punto di vista della comunicazione e del marketing, ma anche a tutti quelli che desiderano approfondire l’argomento.
Attraverso l’analisi di casi concreti e le testimonianze di manager della comunicazione, Aldo Bolognini ha analizzato il ruolo della comunicazione sostenibile connessa alla responsabilità sociale d’impresa, una questione complessa della quale ancora oggi manca spesso una visione aziendale omnicomprensiva.

 

Alla luce di quanto emerso dal tuo libro, quali sono i fattori che rendono la comunicazione aziendale coerente e credibile quando si parla di sostenibilità?

Potrei rispondere con una sola parola: trasparenza. La trasparenza è un elemento fondamentale, perché quando non si è trasparenti si rischia di finire molto facilmente sotto l’attacco di accuse di  greenwashing. La sostenibilità è di per sé un processo che richiede la messa a punto di Rapporti di Sostenibilità alla stregua dei business plan di lungo periodo. Solo così le aziende possono dare il via e portare avanti processo di crescita realmente sostenibili.

 

Quali sono invece gli errori più frequenti che le aziende commettono quando comunicano la sostenibilità?

Innanzitutto bisogna capire se sono davvero errori o tentativi “furbi” di sviare l’attenzione del pubblico a cui si rivolge il brand. Un errore è cercare di evidenziare solo alcuni aspetti dell’attività aziendale, tralasciandone altri e non avere un’idea chiara di cosa sia realmente la sostenibilità. Molti infatti la confondono con l’essere green dal punto di vista ambientale, oppure agiscono concentrandosi esclusivamente su ciò che è sostenibile dal punto di vista sociale.
Ciò che manca in questi casi è la visione d’insieme. Personalmente ritengo che per una gestione ottimale della sostenibilità le aziende devono affiancare un comunicatore al proprio board. Il motivo è molto semplice: il comunicatore ha una visione omnicomprensiva delle varie divisioni e componenti dell’azienda, ne conosce i punti di forza e debolezza e può indirizzare gli interventi nelle aree dove la sostenibilità risulta carente. Va inoltre sottolineato che un’azienda per essere realmente sostenibile deve innanzitutto produrre utili. Non si possono fare dei voli pindarici sulla sostenibilità, perché a quel punto il bilancio va in perdita e vengono a mancare le risorse e gli strumenti per gli interventi necessari a rendere sostenibile ogni aspetto dell’azienda: la produzione, la scelta dei fornitori, le politiche sociali, ecc…
Bisogna pensare alla sostenibilità come ad una catena: l’azienda può essere di per sé sostenibile, ma se i suoi fornitori non lo sono in egual misura, una parte dei prodotti realizzati sarà di conseguenza insostenibile o scarsamente sostenibile. Ad oggi non esiste ancora una legge che definisce in modo univoco cosa è sostenibile, dunque la sostenibilità si configura come un sistema in cui ogni tassello deve contribuire alla sostenibilità complessiva.

 

La sostenibilità non si limita alla tutela ambientale: i temi legati alla sostenibilità sociale, come ad esempio l’inclusione delle minoranze e delle diversità, e alla governance sono sempre più presenti all’interno delle agende mediatiche. Come si fa a comunicare efficacemente questo cambiamento?

Per rispondere bisogna fare un passo indietro. Una volta, era sufficiente che un’azienda fosse “green” per potersi definire sostenibile. La sostenibilità era per lo più associata a criteri ambientali. Oggi non è più così. Avere una produzione green ma, ad esempio, non garantire salari adeguati ai dipendenti non può considerarsi sostenibile. Quello che va comunicato è il percorso che si sta facendo per diventare sempre più sostenibili. Perché questo è importante? Perché oggi la sostenibilità è un elemento di tendenza, ma più avanti diventerà un fattore imprescindibile per un’azienda per poter rimanere sul mercato. Se pensiamo alla sostenibilità come ad una catena possiamo comprendere come le aziende sostenibili costituiscano un sistema Il quadro normativo che disciplina lo sviluppo sostenibile, soprattutto per quanto riguarda la produzione, è in costante divenire e ciò porterà tutte le realtà sostenibili a fare rete. Le aziende che non sapranno progredire verso la sostenibilità rimarranno fuori dal mercato. Inoltre, anche i consumatori stanno imparando a valutare con sempre maggiore attenzione la reale sostenibilità dei brand e il rischio greenwashing diventa sempre più elevato.

 

Greenwashing: un’accusa molto frequente. Come gestire dal punto di vista della comunicazione questo tipo di attacco alla brand reputation?

Ancora una volta devo ribadire il concetto di trasparenza. Di fronte ad un’accusa di greenwashing, sarà più semplice per l’azienda far cadere le accuse se è in grado di produrre dati che dimostrino l’impegno concreto in ogni ambito della sostenibilità. Qualora invece l’accusa fosse fondata, e  il brand stesse facendo veramente greenwashing, allora il danno d’immagine sarebbe inevitabile. E una volta intaccata la brand reputation, sarà necessario investire molte risorse per ripristinarla.
Tra gli esempi, citati anche nel mio libro, vi è quello di Barilla, con il caso dell’olio di palma. Il colosso italiano negli anni precedenti al 2016 aveva dichiarato che le sue piantagioni di olio di palma erano certificate e che durante la produzione l’olio veniva utilizzato ad una temperatura piuttosto bassa, evitando così lo sviluppo di sostanze cancerogene. In quegli anni, però, l’olio di palma era ritenuto tra i maggiori responsabili della deforestazione del Sudest asiatico. Dunque le numerose campagne contro la deforestazione hanno puntato il dito contro Barilla, che è stata accusata di contribuire alla deforestazione e di vantare certificazioni inadeguate a una reale tutela ambientale. L’azienda decise dunque di rimuovere l’olio di palma dai prodotti Mulino Bianco, il suo marchio dolciario, riportando la dicitura “senza olio di palma” e sostituendolo con olio di girasole. Oltre alle evidenti ripercussioni sull’attività di business, quell’episodio ha avuto un costo altissimo anche in termini di brand reputation. Le aziende investono in comunicazione per promuovere un’immagine positiva che contribuisca a migliorare la percezione da parte dei clienti e, di conseguenza, il successo dei propri prodotti e del proprio business. Ma se i brand si trovano a dover spendere cifre importanti per rimediare a danni di immagine causati da mancato controllo e trasparenza, ciò influirà negativamente anche sul bilancio e sui risultati finanziari. Per questo motivo è fondamentale che le aziende vedano la sostenibilità come un investimento, non come una voce di spesa.

 

Guardando al futuro, come pensi che cambierà la comunicazione della sostenibilità da parte delle aziende?

La sostenibilità in futuro diventerà sempre più un elemento integrato nelle strategie aziendali e di conseguenza nel loro flusso di comunicazione. Ad oggi lo strumento principe della comunicazione della sostenibilità è il Bilancio di Sostenibilità, uno strumento indubbiamente utile che va però implementato tenendo conto dei reali obiettivi da perseguire, includendo dunque anche un vero e proprio piano che guardi al futuro: mi auguro quindi che tutte le aziende acquisiscano le competenze necessarie a stilarlo in modo corretto e consapevole.

 

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