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Sostenibilità ambientale tra aziende e consumatori e il pericolo greenwashing

Riflessioni sulla sostenibilità ambientale alla vigilia della Milano Green Week

 

“Devi essere tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Incomincia con questa frase di Gandhi il programma della Milano Green Week, la manifestazione promossa dal Comune di Milano in programma dal 30 settembre al 2 ottobre.

In questa terza edizione, sono previste più di 300 iniziative che animeranno la città e i quartieri, i parchi e le strade, le scuole e le biblioteche, le cascine e i giardini condivisi nel nome della sostenibilità ambientale, dell’economia circolare, della tutela del territorio, degli ecosistemi e del paesaggio.

 

Come aziende e consumatori percepiscono la sostenibilità ambientale

Un recente studio condotto da SAP ha evidenziato come si comportano i consumatori italiani nei processi d’acquisto per la propria famiglia o per sé stessi a seconda delle categorie: cibo e beni di consumo, moda, servizi finanziari e bancari, servizi di pubblica utilità, e viaggi.

La survey Sustainable Consumer Research che risale al 2021 ha coinvolto oltre 750 persone e dimostra che la maggiore preoccupazione per gli italiani è l’inquinamento dell’acqua, considerato un problema rilevante dal 53% degli intervistati, seguito dall’inquinamento dell’aria (43%), dal consumo delle risorse disponibili (38%) e dalla produzione di rifiuti (35%).

La ricerca di SAP ha analizzato anche le caratteristiche dei consumatori che acquistano o sono interessati ad acquistare prodotti o servizi green in senso ampio, quelli che sono definiti i “consumatori green. Ne emerge che il consumatore sostenibile è guidato e influenzato nei processi decisionali e di acquisto da una spiccata sensibilità rispetto a temi sociali e ambientali.

Alcuni dei criteri che influenzano un consumatore sostenibile variano dai livelli di emissioni di CO2 ai valori etici che l’azienda trasmette a livello corporate, dalla responsabilità nei confronti dei lavoratori.

La categoria cibo e beni di consumo è quella più sottoposta al giudizio dei consumatori green (35%). Il settore della moda risente invece di un livello di maturità dei consumatori moderato. Quello dei viaggi rappresenta invece il settore con meno consumatori attenti alla sostenibilità ambientale (appena il 9%).

Per quanto riguarda la moda è importante notare che una fetta molto ampia di consumatori (73%) è preoccupata per le questioni sociali. Questi consumatori non valutano solo il prodotto ma anche aspetti come le condizioni di lavoro, l’applicazione di salari minimi adeguati e di pratiche di inclusione, fino al rispetto dei diritti degli animali.

La ricerca SAP infine mostra una differenza sostanziale tra il consumatore sostenibile e gli altri consumatori, indifferentemente dal settore. I primi sono meno disposti a pagare un premium price per prodotti o servizi sostenibili, in quanto si aspettano che l’azienda trovi il modo di fornire prodotti ecosostenibili senza far ricadere sul cliente finale gli eventuali costi aggiuntivi.

 

Come le aziende si rivolgono ai clienti e il pericolo “greenwashing”

In che modo le aziende possono comunicare la sostenibilità ambientale e coinvolgere i propri clienti?

In ogni ambito, i consumatori si aspettano di ricevere informazioni trasparenti sui prodotti. Nel settore moda gli utenti finali vorrebbero avere la possibilità di comprendere come poter contribuire direttamente alla sostenibilità, nei comportamenti da adottare o nelle pratiche sostenibili. Nel campo del servizio pubblico la maggior parte dei consumatori accetterebbe di far parte di gruppi social tematici proposti dall’azienda.

I consumatori green stanno impostando nuove regole di mercato e rappresentano un nuovo punto di riferimento perché contribuiscono a definire quali aziende sono destinate a prosperare e quali invece si limitano a sopravvivere (Carlos Diaz, Chief Sustainability Officer di SAP).

Dietro la facciata della comunicazione corporate delle aziende in materia di sostenibilità ambientale si presente oggi la minaccia “greenwashing”, un termine che solo nell’ultimo anno ha visto un aumento esponenziale del volume di ricerche ed è entrato di diritto nel dizionario della lingua italiana.

Il greenwashing non convince il 42% degli italiani che non si fida più delle pubblicità di prodotti green. Una pennellata di verde alla comunicazione aziendale non è sufficiente a catturare la fiducia dei consumatori italiani, come emerso dallo  studio condotto da The Fool.

A fronte di un aumento di interesse, soprattutto nella fascia della Gen Z (dai 18 ai 24 anni), si sono aggiunte nuove categorie di consumatori consapevoli agli attivisti di lunga data. Tra questi ci sono i cosmopoliti, i soggetti interessati all’attualità e alla politica, la cosiddetta “green finance” e alcuni manager attenti a coniugare gli affari all’ecologia. Poi si sono aggiunti i nomadi digitali, e in generale tutti coloro che vivono la loro quotidianità nel web e infine gli appassionati di realtà virtuale.

La diffusione del greenwashing non va sottovalutata: la comunicazione corporate dei brand sostenuta da strategie di marketing che attribuiscono una patina di ecosostenibilità a prodotti, processi e attività che invece non sono privi di impatto sull’ambiente esercita un importante effetto disincentivante sulla propensione all’acquisto per quasi un italiano su due (48%). I consumatori italiani stanno diventando sempre più maturi e si aspettano dai brand maggiore correttezza e trasparenza in merito alle informazioni che comunicano (e quelle che invece nascondono), in modo tale che la sostenibilità ambientale non sia solo di facciata.

Per questo, il 42% degli acquirenti si rifiuta di far guadagnare profitti alle compagnie che dedichino «scarso tracciamento sull’impatto ambientale del business» o che mostrino una «mancanza di trasparenza sulla supply chain».

I consumatori oggi tendono a fidarsi di meno e vogliono soprattutto che siano le aziende per prime a interessarsi alle tematiche ambientali e a costruire un rapporto con gli utenti finale cosicché possano insieme dare un contributo sostanziale nell’impegno e nella cura per il pianeta.

Il contributo individuale non basta se non si costruisce una rete di comunicazione e di consapevolezza a partire dalle aziende che hanno il potere di influenzare concretamente l’ambiente.

 

Articolo a cura di Micael Chimienti

 

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