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La forza del fact checking contro le fake news

Credibilità, autorevolezza delle fonti, verifiche e sensibilizzazione dei lettori per un’informazione di qualità basata su fatti e dati

È iniziata ufficialmente l’era del fact checking. Se da un lato gli strumenti di comunicazione vengono usati sempre più frequentemente per condividere contenuti e idee, non sempre le informazioni in circolazione sono sostenute dai fatti. Per contrastare quella che per alcuni è definita la “società della disinformazione”, si concentrano gli sforzi per riequilibrare questa tendenza con una serie di azioni, suggerimenti ed iniziative volte a rafforzare la lotta contro le fake news online in merito alla pandemia di coronavirus, e non solo.

La European Commission ha intensificato gli sforzi contro la disinformazione, partendo da un documento unico nel suo genere pubblicato lo scorso giugno in cui si pone attenzione primaria alla lotta contro contenuti illegali, costruiti ad hoc e dannosi. 

“Ondate di disinformazione hanno colpito l’Europa durante la pandemia di coronavirus, provenienti tanto dall’interno quanto dall’esterno dell’UE. Per lottare contro la disinformazione dobbiamo mobilizzare tutti i soggetti interessati, dalle piattaforme digitali alle autorità pubbliche, e sostenere i verificatori di fatti e i media indipendenti. Pur avendo intrapreso iniziative positive durante la pandemia, le piattaforme digitali devono intensificare i loro sforzi” ha dichiarato la Vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová. Le ha fatto eco Josep Borrell, alto rappresentante della Ue: “La pandemia è stata accompagnata da una grave infodemia, siamo stati testimoni di un’ondata di informazioni false, teorie cospiratorie e operazioni di influenza mirate”. E l’Italia è tra i Paesi che sono stati più colpiti da questa infodemia.

Al fine di combattere la disinformazione, diventa quindi importante mobilitare tutti gli attori coinvolti, dalle piattaforme online, ai giornalisti, alle istituzioni, e sostenere il fact checking. Le piattaforme online hanno compiuto passi positivi durante la pandemia ma devono concentrare i loro sforzi” ha spiegato ancora Jourová, per “garantire che siano trasparenti, perché i cittadini devono sapere da dove e come arrivano loro le informazioni”, e che siano evitati “incentivi finanziari per diffondere la disinformazione” indicando il social Tik Tok come prossimo all’adesione al codice, assieme a WhatsApp.

Alla fine del primo mese di parziale riapertura dopo il lockdown, infatti, circa un terzo (31%) delle notizie faceva ancora capo a fonti non accreditate secondo il terzo numero dell’Osservatorio sulla disinformazione online dedicato al coronavirus dall’Agcom. Pur trattandosi di un valore in calo rispetto al periodo più critico dell’emergenza, il peso della disinformazione cresce sul totale delle notizie online relative al coronavirus.

Intelligenza artificiale al servizio (e non al posto) dei comunicatori

Di fronte a bot e algoritmi sempre più intelligenti, ci si interroga su quali strumenti occorrerà mettere in campo per difendere la libertà di comunicazione e di informazione, e quindi la democrazia stessa. Quali devono essere i diritti e i doveri del web nell’epoca dell’economia e dell’informazione basate sui dati?

Per il presidente dell’ANSA quella che rappresenta oggi la vera sfida è: “conciliare la velocità, vera novità dei nostri tempi, con l’attendibilità”. Questo per un’informazione giornalistica “aumentata, più ricca, in parte diversa, ma non tradita”.

Strumenti come l’intelligenza artificiale hanno aiutato alcune redazioni e agenzie di informazione a creare i bollettini quotidiani sul coronavirus basati su dati e numeri condivisi dalla Protezione Civile, per essere tempestivamente convertiti in grafici e articoli. Ma l’AI deve essere al servizio e non al posto di giornalisti e comunicatori, solo per migliorare l’efficienza e sostituire compiti ripetitivi per lasciare spazio a quella componente così importante della creatività e della qualità dei contenuti.

Esistono anche casi in cui l’AI viene usata in modo apparentemente “cattivo”, per creare fake news. Il progetto è stato finanziato da Elon Musk e portato avanti dalla sua compagnia di ricerca no profit: l’algoritmo è un generatore di testi, addestrato attraverso la lettura di 10 milioni di articoli scelti tra quelli che avevano più di tre voti sulla piattaforma Reddit. L’algoritmo inizia il suo lavoro da un incipit veritiero e riesce a proseguire scrivendo testi di fantasia perfettamente plausibili e senza errori. 

Per questo, è necessario proteggere e rafforzare il diritto dei cittadini a essere informati correttamente e alfabetizzati all’identificazione di contenuti non veritieri.

Comprendere, cooperare, comunicare

Per quanto riguarda le informazioni in circolazione, che rischiano di diventare cattive informazioni, si aprono una serie di scenari, che vanno dalla comprensione, alla comunicazione trasparente, alla cooperazione. Tutti elementi che devono assicurare della libertà di espressione, di informazione e pluralismo, oltre allo sviluppo degli strumenti critici dei cittadini. 

Comprendere il fenomeno vuol dire conoscere e combattere i confini talvolta labili tra le varie forme di contenuti falsi o ingannevoli. Comunicare significa far comprendere ai cittadini che molte notizie possono essere false e costruite non su informazioni reali o solo su basi di discredito. Cooperare significa rafforzare le sinergie e la comunicazione strategica fornendo strumenti ai cittadini per sensibilizzarli, mettendo in piedi un vero e proprio programma di “alfabetizzazione” al fact checking.

In questa strategia anti fake news, è importante ovviamente distinguere tra contenuti illegali e contenuti dannosi – ma non illegali; considerare poi la labilità dei confini tra le varie forme di contenuti falsi o ingannevoli, ovvero tra disinformazione intenzionale e cattiva informazione, che può essere involontaria.

È fondamentale intensificare inoltre le attività volte a informare i cittadini sui rischi e a migliorare le capacità analitiche per contrastare la disinformazione ai sensi del codice di buone pratiche sulla disinformazione, promosso dall’Ue. Il tutto garantendo sempre libertà di espressione e apertura al dibattito, considerati aspetti che rimangono centrali nella risposta alla disinformazione.

Il dovere di istituzioni, media e professionisti della comunicazione è quello di lavorare in sinergia per promuovere l’informazione di qualità, sensibilizzando sulle possibili (dis)percezioni, ossia percezioni erronee riguardo a temi rilevanti per il dibattito pubblico. Si tratta di lavorare per salvaguardare l’accesso alle informazioni e la libertà di espressione promuovendo l’alfabetizzazione mediatica dei cittadini, il pensiero critico e le competenze digitali.

I professionisti dell’informazione sanno che in gioco c’è anche la propria reputazione e la brand reputation delle rispettive testate giornalistiche come promulgatori e diffusori autorevoli di notizie.  

Articolo di Silvia Asperges

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